«L’unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla».
-Henry Ford
Non è certo la prima volta che l’uomo è costretto ad affrontare una crisi di tipo pandemico:
Chiusi nelle nostre case, durante i primi mesi di pandemia abbiamo vissuto involontariamente una sorta di esperimento sociale anomalo e totalmente inedito, che mai avremmo avuto il coraggio di affrontare se non vi fossimo stati costretti da una emergenza eccezionale. «L’esperimento», cui hanno dovuto partecipare tutti, nessuno escluso, è consistito nella sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni alla propria abitazione.
Abituati come eravamo a vivere vite disordinate e frettolose, distratti da mille stimoli spesso superficiali (chat, media, informazioni, pubblicità, divertimenti…), la situazione anomala ci ha messo di fronte in maniera inusuale alla nostra intimità ed al vissuto più profondo delle nostre relazioni sentimentali, interpersonali e sociali. Tutto questo ci ha spinto a fermarci e a guardarci dentro. Difficile, faticoso e nuovo per molti di noi. Una dura prova, che ci ha posto di fronte ad una realtà sconosciuta e articolata secondo almeno tre tipologie:
1. quella della solitudine totale per alcuni;
2. quella del contatto obbligato e continuo con i propri familiari o conviventi in spazi in qualche caso ristretti per altri;
3. quella dell’interruzione delle relazioni amicali, scolastiche e lavorative per tanti.
Il virus ha profondamente cambiato la nostra vita e le nostre abitudini. Il ritmo delle giornate si è modificato, paura e incertezza per il futuro hanno messo radici nei nostri pensieri, facendo vacillare il nostro senso di sicurezza.
Chiunque è stato esposto alla pandemia, ma non tutti abbiamo subito gli stessi effetti.
Le variabili da considerare sono molte:
Ogni esperienza che abbiamo vissuto è stata ripensata al confine tra l’oggettività della minaccia e la soggettività della risposta. Il covid e le sue regole hanno poi messo in crisi il primato del tatto. Questi mesi di «astinenza tattile» che stiamo vivendo ci fanno sentire distanti.
Ma se ci pensiamo stavamo un cambiamento stava già avvenendo nelle nostre, il virus ha solo accelerato i tempi polarizzando alcune opzioni distanzianti:
- Nei rapporti (virtualizzazione, realtà immersive)
- Nel lavoro (agilità comoda ma in solitudine)
- Nella scuola (accesso facile ma senza volti)
A questo si aggiunge la rinuncia del volto dell’altro. La mascherina infatti, pur rappresentando uno strumento efficace nella lotta al virus, limita le identificazioni, i movimenti empatici e il rispecchiamento. Coprirsi il volto è necessario ma mentre perdiamo il sostegno del riconoscimento reciproco ci rafforziamo con altre virtù come:
- l’altruismo;
- il senso di autoefficacia e di autoprotezione;
- esaltiamo la comunicazione degli occhi che sono il primo luogo d’accesso al nostro mondo interno.
Ma dobbiamo cancellare proprio tutto di questo 2020? Cosa potremmo salvare di questo anno così
difficile?
1. Il lockdown ha rappresentato un’occasione unica di fare un break nella propria vita. Una pausa forzata che ha impattato le nostre vite enormemente.
2. Il lockdown ha rappresentato un’occasione per riflettere sulla propria vita. Ha dato la possibilità di ritrovare uno spazio per i propri pensieri più intimi.
3. Il lockdown ha dato l’opportunità di rivedere i contenuti e le forme dei propri rapporti familiari. Lo stare insieme ha riacquistato un valore che si stava dimenticando, cogliendone la parte essenziale.
4. Il lockdown ha permesso di sperimentarsi in attività nuove e mai provate. L’utilizzo della tecnologia ha abbattuto le distanze spazio-temporali.
5. Il lockdown ci ha riavvicinato al valore della relazione di cura. L’attenzione si è concentrata verso quei soggetti soli e malati, spesso dimenticati rispetto agli altri impegni della vita.
6. Il lockdown ha evidenzato la necessità di salvaguardare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare/ sociale. L’attenzione si è concentrata sui tempi e gli spazi privati, sottolineandone la grande importanza.
7. Il lockdown ha contagiato tutti emotivamente, creando un forte clima di condivisione. Sono aumentati i comportamenti legati al sistema cooperativo, sperimentando sentimenti di speranza e fiducia.
E quindi cosa abbiamo imparato da questo 2020?
L’occasione che abbiamo ci permette di riconsiderare il contenuto della felicità, che si alimenta di relazioni umane significative e di valori positivi, e di aprire gli occhi di fronte al fatto che la ricerca del benessere individuale e collettivo è legata strettamente a noi e alle persone che abbiamo attorno.
Vivere con il mondo, e non solo nel mondo, in un rapporto positivo e costruttivo con le differenze che creano informazione. Vivere con il mondo, e non solo nel mondo, in un rapporto positivo e costruttivo con le differenze che creano informazione.
Con le parole di Massimo Recalcati, oggi forse «la relazione sembra riacquisire un valore proprio in quanto oggetto perduto, ma anche come oggetto spogliato di tutte quelle aspettative performanti che la avevano resa persecutoria».
«Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza». - Lucio Anneo Seneca
-Henry Ford
Non è certo la prima volta che l’uomo è costretto ad affrontare una crisi di tipo pandemico:
- Peste di Atene nel 400 a.C. (100.000 morti);
- Peste di Giustiniano (500 a.C. e 100 milioni di morti stimati);
- Peste nera del 1300 (50 milioni di morti stimati);
- Influenza Spagnola del 1918-1919 (50 milioni di morti stimati);
- Influenza Asiatica del 1957-58 (1 milione di morti);
- Influenza di Hong Kong (1968-1970, 1 milione di morti);
- HIV (32 milioni di morti);
- Sars (2002-2003, 770 morti);
- Influenza suina (2009-2010, stime tra 150.000 e 600.000 morti);
- Ebola (2014-2016, 11.300 morti);
- Covid-19 (ad oggi più di 2 milioni di morti nel mondo).
Chiusi nelle nostre case, durante i primi mesi di pandemia abbiamo vissuto involontariamente una sorta di esperimento sociale anomalo e totalmente inedito, che mai avremmo avuto il coraggio di affrontare se non vi fossimo stati costretti da una emergenza eccezionale. «L’esperimento», cui hanno dovuto partecipare tutti, nessuno escluso, è consistito nella sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni alla propria abitazione.
Abituati come eravamo a vivere vite disordinate e frettolose, distratti da mille stimoli spesso superficiali (chat, media, informazioni, pubblicità, divertimenti…), la situazione anomala ci ha messo di fronte in maniera inusuale alla nostra intimità ed al vissuto più profondo delle nostre relazioni sentimentali, interpersonali e sociali. Tutto questo ci ha spinto a fermarci e a guardarci dentro. Difficile, faticoso e nuovo per molti di noi. Una dura prova, che ci ha posto di fronte ad una realtà sconosciuta e articolata secondo almeno tre tipologie:
1. quella della solitudine totale per alcuni;
2. quella del contatto obbligato e continuo con i propri familiari o conviventi in spazi in qualche caso ristretti per altri;
3. quella dell’interruzione delle relazioni amicali, scolastiche e lavorative per tanti.
Il virus ha profondamente cambiato la nostra vita e le nostre abitudini. Il ritmo delle giornate si è modificato, paura e incertezza per il futuro hanno messo radici nei nostri pensieri, facendo vacillare il nostro senso di sicurezza.
Chiunque è stato esposto alla pandemia, ma non tutti abbiamo subito gli stessi effetti.
Le variabili da considerare sono molte:
- La nostra posizione geografica (con il triste primato bergamasco);
- La condizione sociale (la serenità di una quarantena dipende anche dai metri quadri a disposizione);
- L’età anagrafica (ognuno ha affrontato sacrifici diversi);
- La presenza di lutti in famiglia;
- La posizione di prima linea (es. personale sanitario) o di seconda linea (reclusi del lockdown);
- Le caratteristiche della vita lavorativa (non tutte le professioni sono penalizzate allo stesso modo, non tutti i lavori possono essere svolti a casa).
Ogni esperienza che abbiamo vissuto è stata ripensata al confine tra l’oggettività della minaccia e la soggettività della risposta. Il covid e le sue regole hanno poi messo in crisi il primato del tatto. Questi mesi di «astinenza tattile» che stiamo vivendo ci fanno sentire distanti.
Ma se ci pensiamo stavamo un cambiamento stava già avvenendo nelle nostre, il virus ha solo accelerato i tempi polarizzando alcune opzioni distanzianti:
- Nei rapporti (virtualizzazione, realtà immersive)
- Nel lavoro (agilità comoda ma in solitudine)
- Nella scuola (accesso facile ma senza volti)
A questo si aggiunge la rinuncia del volto dell’altro. La mascherina infatti, pur rappresentando uno strumento efficace nella lotta al virus, limita le identificazioni, i movimenti empatici e il rispecchiamento. Coprirsi il volto è necessario ma mentre perdiamo il sostegno del riconoscimento reciproco ci rafforziamo con altre virtù come:
- l’altruismo;
- il senso di autoefficacia e di autoprotezione;
- esaltiamo la comunicazione degli occhi che sono il primo luogo d’accesso al nostro mondo interno.
Ma dobbiamo cancellare proprio tutto di questo 2020? Cosa potremmo salvare di questo anno così
difficile?
1. Il lockdown ha rappresentato un’occasione unica di fare un break nella propria vita. Una pausa forzata che ha impattato le nostre vite enormemente.
2. Il lockdown ha rappresentato un’occasione per riflettere sulla propria vita. Ha dato la possibilità di ritrovare uno spazio per i propri pensieri più intimi.
3. Il lockdown ha dato l’opportunità di rivedere i contenuti e le forme dei propri rapporti familiari. Lo stare insieme ha riacquistato un valore che si stava dimenticando, cogliendone la parte essenziale.
4. Il lockdown ha permesso di sperimentarsi in attività nuove e mai provate. L’utilizzo della tecnologia ha abbattuto le distanze spazio-temporali.
5. Il lockdown ci ha riavvicinato al valore della relazione di cura. L’attenzione si è concentrata verso quei soggetti soli e malati, spesso dimenticati rispetto agli altri impegni della vita.
6. Il lockdown ha evidenzato la necessità di salvaguardare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare/ sociale. L’attenzione si è concentrata sui tempi e gli spazi privati, sottolineandone la grande importanza.
7. Il lockdown ha contagiato tutti emotivamente, creando un forte clima di condivisione. Sono aumentati i comportamenti legati al sistema cooperativo, sperimentando sentimenti di speranza e fiducia.
E quindi cosa abbiamo imparato da questo 2020?
L’occasione che abbiamo ci permette di riconsiderare il contenuto della felicità, che si alimenta di relazioni umane significative e di valori positivi, e di aprire gli occhi di fronte al fatto che la ricerca del benessere individuale e collettivo è legata strettamente a noi e alle persone che abbiamo attorno.
Vivere con il mondo, e non solo nel mondo, in un rapporto positivo e costruttivo con le differenze che creano informazione. Vivere con il mondo, e non solo nel mondo, in un rapporto positivo e costruttivo con le differenze che creano informazione.
Con le parole di Massimo Recalcati, oggi forse «la relazione sembra riacquisire un valore proprio in quanto oggetto perduto, ma anche come oggetto spogliato di tutte quelle aspettative performanti che la avevano resa persecutoria».
«Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza». - Lucio Anneo Seneca